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CLIMA
Condizioni del tempo meteorologico durature o comunque di lungo periodo (cicli decennali e oltre), che si differenziano all'interno di una stessa annata in fasi stagionali. Così nella fascia intertropicale le stagioni vengono quasi a mancare lungo l'equatore, ma si manifestano salendo verso i tropici con alternanza di una fase caldo-arida con altra caldo-umida. Alle latitudini medie le stagioni diventano quattro, con due nettamente caratterizzate (inverno ed estate) e due di passaggio (primavera e autunno). Il clima è costituito da vari elementi (temperatura, precipitazioni, venti, pressione, umidità dell'aria, nebulosità) e determinato da fattori d'ordine astronomico o cosmico (come la conformazione della Terra, i movimenti di rotazione terrestre e di rivoluzione intorno al Sole che si riflettono nella latitudine) e di ordine terrestre, come la distribuzione delle terre e dei mari, le altitudini, la posizione rispetto ai rilievi e alle acque interne, l'orientamento dei versanti, la vegetazione ecc. I fattori climatici agiscono in misura diversa sui singoli elementi del clima, dando luogo a combinazioni differenziate e quindi a climi distinti. I principali tipi di clima sono quelli caldo-umidi e caldo-aridi delle regioni intertropicali, quelli temperati-caldi delle fasce sub-tropicali e costiere a latitudini medie, quelli temperati-freddi delle latitudini medio-alte e delle aree continentali, quelli freddi o glaciali delle fasce polari e dell'altissima montagna. All'interno di una stessa regione climatica si registrano poi i cosiddetti microclimi: questi si differenziano tra di loro per cause dovute ad attività o interventi dell'uomo (concentrazioni urbane o industriali, deforestazioni di ampie superfici ecc.), oppure per fattori naturali come la presenza di vaste masse di acque interne o di estese foreste. Questi fattori determinano rispettivamente il riscaldamento e l'aridità oppure il raffreddamento e la piovosità nelle zone loro circostanti. I climi si possono misurare attraverso l'elaborazione in tabelle e grafici dei dati numerici che esprimono le medie aritmetiche dei valori principali (temperature e precipitazioni) riferiti a un certo numero di anni consecutivi. Tutte le medie possono essere comparate nello spazio, per verificare diversità e analogie climatiche, e nel tempo, per misurare le eventuali oscillazioni climatiche di uno stesso punto della superficie terrestre. La successione di inverni decisamente rigidi o di estati calde e aride oppure di annate eccessivamente piovose ed altri comportamenti anomali che sembrano caratterizzare gli ultimi decenni del Novecento inducono l'opinione pubblica a pensare che il clima stia cambiando. Soprattutto il pur lieve riscaldamento della superficie terrestre registrato dagli strumenti negli anni ottanta viene correlato, con troppa sicurezza, al cosiddetto "effetto serra" provocato dagli inquinamenti dell'aria e dalle distruzioni forestali che il crescere del popolamento e il dilatarsi di modelli produttivi sempre meno compatibili con una fruizione razionale dell'ambiente determinano in forma vistosa. In realtà non è possibile riferire con sicurezza i "capricci" del tempo a una nuova tendenza climatica generale, trattandosi di un fenomeno troppo recente. Di sicuro, la paleoclimatologia dei tempi preistorici e storici è un campo di indagine che da qualche decennio, grazie alla collaborazione di scienziati naturalisti e umanisti, sta dimostrando quanto risultasse erronea la convinzione che le condizioni climatiche dell'età post-glaciale fossero immutabili. In realtà il clima ha subito molteplici modificazioni per cause cosmiche, planetarie e continentali. Nel corso degli ultimi 6000-7000 anni si sono infatti alternati periodi più caldi e più freddi, fasi più aride e più umide rispetto alle condizioni attuali. La cronologia di queste fluttuazioni può essere fatta solo con larga approssimazione, almeno prima del basso Medioevo, quando le indicazioni cronologiche relative all'inizio e alla fine di questi cicli climatici diventano sempre più precise. Di sicuro solo a partire dal XIX secolo si può misurare la portata dei mutamenti termici e pluviometrici da un ciclo all'altro, ma si può ragionevolmente supporre che le variazioni nella lunga durata siano state relativamente modeste (al massimo due gradi in più o in meno per le temperature medie). Se si fa eccezione per le regioni a condizioni estreme e ad alto rischio, quali le aree subartiche, predesertiche e di alta montagna, le società umane hanno avuto la forza di adattarsi senza grossi scompensi alle nuove situazioni, magari dopo il periodo più critico del cambiamento, durante il quale l'eccesso di freddo, di pioggia, di caldo, di siccità, non mancò di influenzare negativamente le attività economiche (specialmente agricole e pastorali), nonché l'assetto idrogeologico delle regioni interessate, provocando non di rado autentiche tragedie collettive. Molti storici, affidandosi a un troppo rigido "determinismo climatico", hanno addirittura individuato negli eccessi del clima le cause delle epidemie e delle carestie che periodicamente innalzarono in modo abnorme i livelli di mortalità. Le oscillazioni climatiche sono state chiamate in causa anche per spiegare il declino o la scomparsa di intere civiltà. Viceversa, non mancano gli studiosi che sottolineano gli effetti positivi di condizioni climatiche favorevoli, come il cosiddetto optimum climaticum altomedievale che avrebbe incentivato le navigazioni dei vichinghi nell'Atlantico settentrionale sgombro dai ghiacci.

R. Valentini

E. Le Roy Ladurie, Tempo di festa, tempo di carestia. Storia del clima dall'anno Mille, Einaudi, Torino 1982; M. Pinna, Le variazioni del clima in epoca storica e il loro effetto sulla vita e le attività umane. Un tentativo di sintesi, in "Bollettino della Società geografica italiana", 1969.
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